Instagram è un problema anche per la psicologia. C’è un fenomeno sempre più diffuso, soprattutto tra i giovani, che appare assai preoccupante.
Ansia, bassa autostima, isolamento sociale, ossessione w dipendenza… sono tutti problemi che, secondo diversi esperti di psicologia, possono dipendere da un uso poco equilibrato e consapevole di Instagram. Ci si rifugia sui social per distrarsi. Lo fanno tutti e sembra un atteggiamento innocuo. In realtà, si tratta di un’abitudine pericolosa.

Ogni distrazione è un tentativo di evitare emozioni negative, come la noia o la solitudine. E i video divertenti, la stimolazione visiva e acustica dettata dal ritmo dello scrolling, riesce in effetti a dare un sollievo temporaneo a chi è nervoso, annoiato o preoccupato. In molti casi l’interazione online può essere stimolante e produttiva per chi non riesce a sentirsi a suo agio nel contesto reale.
Ma per chi prova già un disagio nei confronti di sé stesso, o di certi aspetti fondamentali della vita, la cura di Instagram è controproducente. Secondo la psicologia, chi cerca distrazioni per allontanarsi dalla realtà proverà molto probabilmente un disagio ancora più forte e tenace appena la distrazione sarà terminata.
La mente si abituerà poi a dei contenuti sempre più brevi, poco impegnativi e d’impatto. E per distrarsi sperimenterà un bisogno crescente di connessione per ritrovare un po’ sollievo. Ed è così che lo scrolling si trasforma in una vera e propria trappola. Un circolo vizioso che rende il disagio cronico e rischia di trasformarsi in dipendenza.
Instagram sotto accusa: perché la psicologia condanna lo scrolling compulsivo
Tutti i social si basano sul meccanismo della ricompensa. I like, le visualizzazioni, i sorrisi e la curiosità che certi contenuti riescono a suscitare attivano il rilascio di dopamina. Si tratta del principale neurotrasmettitore del piacere. Ed è proprio così che si crea un meccanismo di gratificazione simile a quello delle dipendenze da sostanze come l’alcol o il tabacco.

A ciò si aggiunge la FOMO, la paura di essere esclusi. Tutti gli utenti che usano Instagram si affezionano a certe narrazioni, a certe bolle. E per questo sono spinti a controllare costantemente od ossessivamente il social, per ricercare aggiornamenti o novità. Tale comportamento genera però ansia.
E poi c’è la questione della validazione sociale. In tanti usano Instagram per cercare approvazione. Per piacere, si censurano o si snaturano. E secondo la psicologia, è pericolosissimo ed è così che Instagram può alimentare il narcisismo e la dipendenza da feedback esterni. Il social punta a creare una pressione psicologica sugli utenti.
Tutti quanti ormai rischiamo di finire vittime di un disturbo compulsivo. Compulsivo è appunto il consumo continuo dei contenuti. Per non rischiare di rendere questo atteggiamento davvero limitante per la mente e la personalità è dunque fondamentale cominciare a interrogarsi sui propri comportamenti, sul tempo che si passa sul social.
L’utente dovrebbe essere più consapevole e smettere di scrollare senza pause o passivamente. Anche nello scrolling serve essere un po’ più selettivi e attenti. Appena si perde il controllo si rischia un malessere.
Cè un segnale d’allarme chiaro: se si entra su Instagram “per un attimo” e poi si resta incollati all’app per un quarto d’ora o mezzora, qualcosa non va! Significa che si usa il social passivamente.